mercoledì 10 settembre 2014

PERCHE' CANTARE IN UN CORO?

Autore: Roncaglia Marco
Data: settembre 2014

Una sola risposta a questa domanda è impossibile perché ne esiste una per ogni persona che decida di fare quella scelta, ma un paio di motivazioni, almeno all’inizio e secondo la mia esperienza, che dura da più di trent’anni, sembrano prevalere: la condivisione di un repertorio che piace, sia esso popolare, classico, gospel o altro ancora, e il desiderio di sperimentare le proprie possibilità vocali.
Quello che succede poi dipende, soprattutto, dal tipo di rapporto che nascerà tra direttore e coro, e da quelli che si creeranno tra le persone che lo formano. Questi due aspetti interagiscono tra di loro e, col tempo, formano il carattere del gruppo, condizionando anche le scelte interpretative.
Per questa ragione è di fondamentale importanza adottare un percorso che sia in grado di conciliare tutti gli aspetti coinvolti, da quelli musicali a quelli umani.
Dopo decenni di attività corale, durante i quali ho conosciuto e praticato innumerevoli tecniche vocali, aderito a diverse scuole di pensiero relative al ruolo del direttore, adottato diversi atteggiamenti nei confronti del far musica in generale, e con il coro in particolare, posso testimoniare che il percorso tracciato dalla metodologia dell’istituto Mod.a.i. si è rivelato il più efficace non solo a sviluppare in ciascuno una vocalità libera da qualsiasi costrizione e fatica, ma anche a favorire la nascita di un rapporto tra direttore e gruppo corale e, all’interno di esso, tra le persone che lo formano, di grande armonia. Una conseguenza molto positiva relativa a questa condizione è, per citare testualmente la testimonianza di una persona del coro che dirigo, che “questo modo di affrontare il canto annulla la competitività, ci sentiamo tutti "bravi" anche se facciamo quello che riusciamo”. La competitività non è un qualcosa di negativo in assoluto, anzi, spesso rappresenta un forte stimolo al miglioramento di sé e del gruppo, ma diventa estremamente pericolosa, e persino devastante, se fa nascere invidie e frustrazioni tra coloro che cantano in un coro.
L’armonia all’interno del gruppo, nel quale comprendo anche chi dirige, è, a mio parere, la condizione più importante per fare musica allo stato dell’arte, ossia in un modo capace di coinvolgere ogni volta l’ascoltatore, e sempre a prescindere dal repertorio proposto. Avere a che fare con l’affascinante mondo della biologia e fisiologia, della sensorialità ed emotività che ne sono parte integrante, non solo interagisce positivamente con tutti gli aspetti dell’attività corale dal punto di vista puramente musicale, ma crea le condizioni migliori per una condivisione veramente profonda dal punto di vista umano.
Cantare, allora, vorrà dire ricreare ogni volta la pagina musicale, restituendole quella dimensione vitale e umanissima che è l’unica capace di coinvolgere chi canta e chi ascolta.