L’intonazione, croce e delizia per direttori e cantori!
Quanto lavoro e quante energie si spendono per essa, e molte volte con
risultati che non ripagano certo di tutta quella fatica!
L’intonazione viene spesso ricercata come fosse una sorta di
“tiro al bersaglio”, un “centro” da raggiungere con estrema precisione e con
questa prospettiva si sottopongono i cantori a pratiche estenuanti ma, alla
fine, poco produttive, spesso con risultati instabili e, a volte, producendo un
notevole stress in coloro che le devono… subire.
Proviamo a riflettere su quali potrebbero essere, tra i
tanti, gli elementi principali, e i relativi riferimenti, da prendere in
considerazione nella ricerca della buona intonazione.
Innanzitutto è bene sapere che è l’orecchio razionale a permetterci
di riconoscerla, in particolare attraverso il suo ascolto interno. Questa
consapevolezza potrà servirci nel caso in cui qualcuno incontrasse difficoltà, perché
proporgli di ascoltare con più attenzione da quell’orecchio, gli potrà essere
di grande aiuto.
A raggiungere una buona intonazione concorrono alcuni
elementi, i principali dei quali sono:
1) l’ascolto dell’ambiente armonico del
brano da cantare;
2) il frequentarlo sino a renderlo
famigliare con momenti di improvvisazione;
3) il fare tutto questo con una vocalità
comoda, mai forzata, neppure minimamente, perché nell’imprinting di un brano se
appare la fatica verrà registrata dal nostro cervello assieme a tutto il resto
e sarà poi molto difficile abbandonarla anche quando canteremo il brano con sicurezza.
Quindi un percorso che dovrebbe, come prima cosa, partire
dall’ascolto dell’ambiente armonico nel quale si svolge il brano per arrivare dapprima
a conoscerlo e poi per assimilarlo facendosene permeare, come l’acqua per la
spugna.
Eseguirlo lentamente, soffermandosi su ogni singola armonia,
potrebbe essere il primo passo, meglio, se disponibile, con un pianoforte,
ovviamente accordato.
Successivamente, soprattutto di fronte a pagine complesse o
con armonie ai confini del linguaggio tonale o al di fuori di esso, si potranno
invitare i cantori a improvvisare con libertà su quella successione armonica e,
nel caso di un brano troppo lungo, selezionando un numero di accordi limitato
per permettere così di familiarizzare con la loro sequenza. Sarà utile,
soprattutto se il brano non prevede l’accompagnamento strumentale, lavorare
direttamente con le voci, ma sempre su un numero limitato di accordi. In questo
caso sarà meno agevole poter improvvisare ma sempre possibile; per esempio
chiedendo a un gruppo di cantori di tenere le armonie e ai rimanenti di
improvvisare per poi invertire le parti. Questa pratica permetterà non solo di entrare
in maggior confidenza con l’ambiente armonico di quella composizione ma di
arrivare a sentirla propria, quasi ne fossimo stati i creatori.
Si potrà poi affrontare l’apprendimento delle parti anche
proponendo diverse prospettive, prima di iniziare a cantarle, così da offrire
un riferimento utile alla sensibilità percettiva di ciascuno, sia essa uditiva,
visiva o cinestesica.
Qualche semplice esempio:
·
ogni
singola parte può diventare il movimento di un ballerino solista all’interno di
un gruppo di danzatori;
·
un tratto di carboncino, o matita colorata,
dentro aree di diverso colore (le diverse armonie);
·
uno
strumentista solista che suona circondato e immerso negli altri strumenti
dell’orchestra,
·
una
cometa che attraversa con la sua scia un cielo stellato e infinite altre,
secondo le caratteristiche del brano, la fantasia non solo del direttore ma
anche di chi canta e, naturalmente, dell’età media del gruppo corale perché va
da sé che il percorso scelto, le sue tappe e il loro numero, cambieranno in
funzione delle caratteristiche del coro.
In buona sostanza, dunque, nella ricerca dell’intonazione
serve trasferire prima l’ambiente armonico nel mondo sonoro di chi canta per
poi lasciare che, coi tempi e i ritmi di ciascuno, rinasca e fiorisca in
quell’humus la propria melodia da unirsi, poi, a tutte le altre.
Una metafora potrebbe tornare utile a sintetizzare questo
percorso.
Se immaginiamo le diverse melodie, o parti che dir si voglia,
di un brano corale come i fiori in un campo coltivato e noi come il contadino
che deve prima seminarli e poi far crescere nel migliore dei modi, dovremo
avere innanzitutto grande cura per il terreno, rendendolo fertile, e anche per
il resto dell’ambiente, aria e acqua comprese, che, fuor di metafora,
rappresentano l’armonia.
Solo quando incominceranno a sbocciare, potremo dedicare
maggior attenzione ai frutti di tutto quel nostro primo, fondamentale e
paziente lavoro, perché l’insieme, alla fine, trovi la sua perfetta armonia.